Tra i miei direttori prediletti, Yuri Temirkanov occupa un posto particolare. Quando dirige il repertorio russo, soprattutto Tchaicovsky, si nota in lui un dominio assoluto del testo, una sintonia con l’autore che non ha eguali. La sua eleganza, il suo stile di uomo d’altri tempi, il suo frac leggermente usurato sono caratteristiche che sento mie e che gli fanno avere un posto particolare nel mio cuore. La sua orchestra, i magnifici Filarmonici di San Pietroburgo, lo seguono come un Dio, dando luogo ad interpretazioni memorabili.
Quando posso, corro sempre ad ascoltarli.
La prima volta fu a Parma, intorno al 2001: un’esecuzione della “Patetica” così intensa, totalizzante e magica da rimanere impressa nella memoria. Ricordo che, alla fine dell’ultimo “Adagio lamentoso. Andante”, il pubblico trattenne letteralmente il fiato, prima di subissare gli esecutori di meritatissimi applausi.
Seguirono poi tanti altri concerti: Francoforte (una “Quarta” straordinaria), Birmingham (“Sheherazade” con il primo violino dal capello lunghissimo e dal suono indimenticabile), Barcellona, Verona, Parigi (ancora, “Quarta”, “Quinta” e “Patetica”).