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Opera in Germania

Non vado mai all’opera, in Germania: l’ignoranza abissale di pubblico e critica, il disinteresse ed il malcelato disprezzo per il repertorio italiano, le follie registiche mi hanno, da anni, consigliato di lasciare perdere.

Ho fatto un’eccezione il 1 novembre, per una Tosca a Monaco, ed ho sbagliato. Mi aveva convinto la presenza sul podio – rarissima in terra tedesca – di Daniel Oren, di cui da anni apprezzo le letture pucciniane.

Anche Oren niente ha potuto, però, in un contesto squallido e modestissimo.

Il tenore, Najmiddin Mavlyanov, è impresentabile. Da tanti anni non sentivo cantare così male: vocina insignificante, sempre ingolata, fraseggio da studente (ripetente) di conservatorio. Una prestazione imbarazzante.

La star locale, Anja Harteros, non è molto migliore: mezzo usurato, sbalzi di registro insopportabili, emissioni volgari e acuti urlati. Non mi è mai sembrata una cantante particolarmente interessante (Don Carlo a Salisburgo, Chenier a Monaco), ma è stata comunque una cocente delusione.

In questo panorama, il „un tal baccano in chiesa“ di Luca Salsi sembrava quello di Bastianini o di London: in effetti, Salsi sa cantare e sa stare in scena. La voce è quella che è (timbro e volumi sono modestissimi) e appare sempre più avara di colori. Ma tant´ è: a Monaco il baritono italiano ha fatto furore.

Pochissime emozini, quindi, e una gran voglia di andare a casa. Il pubblico, come sempre in Germania (ma ormai anche in Italia) ignora completamente quello che sente e vede, sottolinea con risatine incomprensibili i momenti „divertenti“ della traduzione in tedesco e inglese dei sopratitoli e alla fine applaude contento.

Il povero Oren, dopo avere tentato inutilmente di fare percepire qualcosa di bello (anche con il coro, nel te deum secco e freddo come un coretto di atei miscredenti che invocano qualcosa in cui non credono) si arrende e – crediamo – non vede l’ora di tornarsene a Salerno.

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