Sensazioni contrastanti da Bologna.
Da un lato, la triste, ulteriore conferma dello stato comatoso in cui versa l´opera e – piu´ in generale – la vita spirituale in Italia: teatro semivuoto, pubblico immascherato e completamente ignaro di quello che vede e sente, orchestra ridotta. In generale, una sensazione di decadenza rovinosa che non sembra avere fine (comune con l´estero, dove peraltro i teatri sono pieni).
Dall´altro, un teatro sempre bellissimo, una stagione 2022 che si annuncia tra le piu´ interessanti in Italia e un´Adriana autunnale, che ho visto due volte e che mi e´ – nel complesso – piaciuta molto.
Innanzitutto, il tenore, per me, da sempre, il personaggio chiave per la riuscita complessiva dell´opera di Cilea. Perche´ se Maurizio canta bene, il tutto gira a meraviglia; altrimenti, l´opera non decolla del tutto (come e´ successo nelle ultime occasioni ascoltate, negli anni scorsi, a Napoli, a Palermo, a Firenze, a Londra). A Bologna, Luciano Ganci, che ascoltavo per la prima volta, canta molto bene: la voce esce benissimo, lo squillo e´ dei migliori, il timbro piu´ che apprezzabile. Inizia abbastanza cauto, ma regala una L´anima ho stranca da manuale e un terzo e quarto atto rilevanti. Bravissimo!
La star attesa, Kristine Opolais, delude abbastanza dal punto di vista volcale (voce non ben immascherata, usurata e di scarso volume, con suoni spesso forzati e volgari), ma conquista per la bella figura e la recitazione piu´ che buona: una diva e un´Adriana… dei nostri giorni.
Ottimo, la vera sorpresa della serata, il Michonnet di Sergio Vitale, che canta bene, pronuncia benisssimo, si muove egregiamente in scena. Appena sufficiente (senza le note gravi del ruolo, con emissione forzata e ingrossata) la Bouillon di Veronica Simeoni.
In buca, Asher Fisch cura molto bene l´orchestra, ma non sembra molto interessato al canto.
Alla fine, si esce contenti dal teatro e – di questi tempi – non e´ davvero poco.