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Dresda, il ridotto della nostra civiltà

Due giorni passati nella Germania orientale, a Dresda, per due strepitosi concerti della Staatskapelle, mi hanno spiritualmente rimesso a nuovo. In questo angolo di Sassonia si respira ancora l’aria della vecchia Germania, aria che mi piace tanto e che – nell’Ovest – si è persa definitivamente.

Ordine, pulizia, educazione, cultura: queste sono le sensazioni forti che Dresda trasmette immediatamente. E venendo a piedi dalla Neustadt, verso l’Elba, si ha una visione della città vecchia che commuove e ricorda – sola in Germania, forse sola al mondo – l’Italia e Firenze in particolare.

Una Firenze dell’Elba, naturalmente: fredda, altera, gelida rispetto alla Firenze sull’Arno. Ma, oggi, nello sfascio totale della nostra civiltà e della Firenze originale, il freddo del clima e della latitudine difende, in qualche modo, dal declino generale e rilancia nella giusta direzione. Che cosa deve essere stata, questa citta’, nella sua veste originale!

Uno dei pilastri, qui, è la Staatskapelle, oggi – credo – la migliore orchestra al mondo. Ho ascoltato, due volte, due sinfonie beethoveniane: la Pastorale e la Settima. Che dire? Perfezione tecnica, disciplina, amore, suono: tutto, nell’esecuzione, e“ perfetto.

Gli elementi ”esterni”, pero“, sono quelli che colpiscono di piu’: iniziando da Christian Thilemann, in blu nella recita del mattino, rigorosamente in frac (come gli orchestrali) in quella serale; le maschere, poi, gentili, preparate, premurose; infine il pubblico, che rimane l’ultimo pubblico degno di questo nome che io conosca: attento, preparato, vestito come si conviene a chi partecipa a qualcosa di importante, religiosamente concentrato.

Che bellezza e che consolazione godere degli ultimi sprazi di una fiorente civiltà, altrimenti in declino vertiginoso: a Dresda, a Dresda!

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