Gli Indifferenti

Non amo Moravia. Lo ricordo, alla fine degli anni Ottanta, nume tutelare della sinistra radical chic, mummia riverita e onorata del mondo che io aborrivo e nel quale riconoscevo (e riconosco) la causa principale della decadenza e della corruzione morale, intellettuale e spirituale che ammorbava da almeno due decenni il nostro Paese. Ho ben presente, poi, la bellissima stroncatura di Massimo Fini ad uno degli ultimi, immondi romanzi del Nostro: “ogni libro scritto da Moravia e“ peggiore del precedente”. Alberto Moravia, l ´ impresentabile.

Eppure, considero Gli indifferenti un grande libro. Lo lessi per la prima volta (insieme ad Agostino e a Inverno di malato, i suoi capolavori, secondo Montanelli) alla morte del suo autore, tra la fine del 1990 e l ´ inizio del 1991. Ne ebbi sensazioni forti, soprattutto per quanto riguardava la prosa: forte, virile, schietta.

Lo ho riletto in questi giorni e confermo un giudizio estremamente positivo: la vicenda e“ senza tempo, i personaggi rappresentano benissimo dei tipi immortali, in cui riconosciamo noi stessi. Carla, Michele, Leo, Lisa, Mariagrazia: alla fine del libro facciamo fatica a staccarci da loro, ci sembra di averli sempre conosciuti e di avere vissuto con loro le vicissitudini della vita.

La prosa di Moravia e’ avvincente, trascinante: che forza, in un ragazzo di vent’anni! E che capacita’ di analisi e di lettura degli abissi della mente umana, degli istinti animali che pervadono l’uomo, delle ipocrisie che ci sono cosi’ congeniali.

Certo gia’ qui, col senno di poi, si intravvedono le ossessioni e i tic che avrebbero poi caratterizzato (e rovinato) tanti libri successivi di Moravia.

Ma noi facciamo finta di non saperlo e ci godiamo un grande libro, scritto da un grande (giovanissimo) scrittore.

Lascia un commento