Andrea Barca

Ascoltai per la prima volta Andras Schiff a Vicenza, nel 2001, nella sua prima prova di direttore di opera: diresse un bellissimo Così fan tutte con il grande Rolando Panerai come Don Alfonso. Fu un colpo di fulmine: l’eleganza del porgere e la serietà con cui affrontava la “missione” del fare musica a certi livelli mi impressionarono enormemente.

Da quel momento, lo ho ascoltato decine di volte, in tutta Europa, da solo al pianoforte o insieme alla sua orchestra, la magnifica “Cappella Andrea Barca”, in un repertorio quasi sempre centrato sui classici tedeschi. E proprio la sua scelta del repertorio è uno degli elementi chiave della mia passione per lui: linea classica (le tre B, Mozart, Schubert, Schumann e pochi altri) e niente contaminazioni contemporanee. La musica del “ritorno a casa”, dice spesso Schiff: e si tratta di un ritorno a casa anche per me.

I ricordi sono tanti. Bach, innanzitutto. E, innanzitutto, le Goldberg (sentite a Francoforte, a Baden Baden, a Barcellona, a Parigi…), dove non ha eguali. Poi il Wohltemperierte Klavier (Londra), le Partite e le Sonate (Lipsia) e tanto altro.

Poi lo stupendo Schubert – sentito a Bonn (ultime tre sonate), a Essen, a Monaco – Mozart (alla Mozartwoche di Salisburgo), Beethoven e Haydn. Fino alle ultime Nozze di Figaro salisburghesi dove, nel gennaio di quest’anno, ha diretto per la seconda volta un’opera.

Serate e ricordi magnifici che fanno da corollario all’appuntamento fisso, in primavera, con il festival “Omaggio a Palladio” di Vicenza, dove per quattro giorni lui, la sua orchestra ed un pubblico entusiasta convivono in armonia e ricercano – trovandolo – il bello che la grande arte degli antichi, in musica, in letteratura, in architettura, ci ha lasciato.

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