Tolstoj: tre romanzi brevi

Dei tre romanzi brevi tolstojani appena letti, Chadzi-Muràt è quello che mi ha dato le sensazioni più forti: le vicende dell’eroe avaro danno lo spunto a Tolstoj per ricreare alcuni dei grandi ritratti di vita che caratterizzano i suoi romanzi lunghi. Così, vediamo lo zar Nicola I, colto nel tentativo di sedurre una ventenne in un palco del teatro, occupato da un ufficiale dedito alla stessa attività. O Shamil, l’imam prima amico e poi nemico di Chadzi-Muràt, folle e crudele, intento a decretare la vita e la morte di chi gli sta intorno, che si fa prendere in giro dalla sua giovane sposa favorita, crucciata perché il regalo atteso era andato alla prima moglie.

Tolstoj, in questo romanzo non pubblicato in vita, riesce – come sempre nelle sue opere maggiori – ad allineare l’umanità in una visione dall’alto che dà i brividi: “tutti gabbati”, insomma, e tutti eroi.

Tutti, però – i protagonisti e le comparse, gli eroi e i mestieranti – hanno una vita alle spalle: il grande Chadzi-Muràt, che la racconta dettagliatamente; e il piccolo Nazarov, il cavaliere comandante dei cosacchi che dovevano seguire il prigioniero Chadzi nell’ultima passaggiata-fuga, che “era il maggiore di una povera famiglia di vecchio-credenti, cresciuto senza padre, e manteneva la vecchia madre con tre sorelle e due fratelli”. Tutti hanno un’anima e tutti sono uguali, davanti alla vita che seguirà.

La felicità domestica e la Sonata a Kreutzer sono centrati sul tema, cruciale per Tolstoj, dell’amore. Il primo è un grande studio psicologico, che riassume in modo esemplare – attraverso le lenti della donna che narra – le vicende “normali” di un matrimonio: dalle passioni iniziali alla rassegnazione finale, passando attraverso gelosie e fraintendimenti, ricongiungimenti e fughe (reali o immaginarie). Maestria di un genio tormentato, giovanile abbozzo dei grandi temi della maturità, sofferenze personali fuse con l’eterno. “Merda” ha definito la prima parte lo stesso autore, tentando di ritirare il libro e di non proseguire. Sarà, ma a me sembra un grande libro.

La sonata a Kreutzer, che ho riletto per la terza volta, è sempre affascinante e in qualche modo sconvolgente. Il rigetto dell’amore carnale, il tema della musica come strumento di seduzione, la brutalità del racconto mi sono sempre sembrati poco “tolstojani”, almeno secondo l’idea di Tolstoj che io mi sono fatto negli anni. In realtà, questa volta mi è sembrato tutto molto coerente.

Dopo avere letto Resurrezione e alcuni racconti brevi (Padre Sergij, La morte di Ivan Il’ic), l’approdo proposto dal grande scrittore-filosofo, in questo strano romanzo, mi sembra naturale. Certo, la brutalità di certe posizioni fa riflettere e lascia sconcertati:

le prostitute a breve termine sono di solito disprezzate, mentre quelle a lungo termine godono del rispetto generale (…) l’ideale del cristiano è l’amore verso Dio e verso il prossimo, è la rinuncia a se stessi per servire Dio e il prossimo; l’amore carnale, invece, significa servire solo se stessi e pertanto è, in ogni caso, di ostacolo a servire Dio e gli uomini ed è quindi un errore, un peccato, dal punto di vista cristiano

Ma il ritratto dell’uomo che Tolstoj riesce a delineare, partendo dall’amore carnale, è inarrivabile e apre scenari e abissi con i quali è doveroso e illuminate confrontarsi.

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