Nel triste panorama dei nostri giorni, una voce si è elevata sopra le altre. Wolfgang Schäuble ha dichiarato che – a suo parere – la dignità delle persone viene prima della salvaguardia della vita. “Se c’è un valore assoluto nella nostra Costituzione, questo è la dignità delle persone. Ma essa non esclude che noi dobbiamo morire (…) Non possiamo lasciare le decisioni ai soli virologi, ma dobbiamo valutare anche le conseguenze economiche, sociali, psicologiche e di altro tipo. Anche chiudere tutto per due anni avrebbe conseguenze devastanti”.
Il punto è perfettamente centrato: togliere alle persone la vita sociale, culturale, economica nel miraggio di un bene assoluto che si chiama “salute” e credere – soprattutto – che questa sia una missione indiscutibile, è un atteggiamento figlio della perdita di Dio del nostro mondo. Se la vita delle persone è qualcosa di slegato dal passato, dall’eterno, dal sacro, è chiaro che chiudersi in un piccolo fortino, rinunciare alle conquiste che ci hanno reso uomini (e non animali, e non esseri viventi), per preservare la vita biologica, è l’unica cosa sensata da fare. Ma l’uomo è, o dovrebbe essere, qualcosa di piu´ di un’ unione di cellule da preservare il piu´ possibile.
Nel miraggio della salute (eterna?) perdiamo i connotati di uomini, finendo col perdere sia questi sia quella.
Non è un caso, credo, che l’unica voce che abbia detto questo in modo chiaro provenga dal Paese che piu´ di ogni altro ha forte il concetto di tradizione e che ha dato al mondo Bach, Beethoven, Goethe, Hegel…
In queste circostanze capiamo che, al mondo, esistono statisti e che cosa significhi esserlo. Naturalmente, capiamo anche dove gli statisti non sono di casa: in Italia, ammesso che qualcuno (politico, giornalista, intellettuale) fosse in grado di formulare concetti simili, e avesse il coraggio di esplicitarli, egli verrebbe sommerso da improperi e reso inoffensivo.
Ogni civiltà muore compiacendo sé stessa.
…che nostalgia delle tue certezze.