Era il giugno del 1995 ed io – fresco di laurea a Pisa – stavo frequentando, a Napoli, i corsi di perfezionamento dell’ Istituto italiano per gli Studi filosofici. Soggiornavo a Sorrento e ogni mattina, con la Circumvesuviana, andavo a Napoli per le lezioni.
Un pomeriggio mi chiamarono dal Provveditorato agli studi di Trento per comunicarmi che ero stato scelto – a seguito di una mia domanda – come commissario per gli esami di maturità presso l’Istituto magistrale di Rovereto. Il mio entusiasmo per la bella notizia scemò subito quando mi dissero che le materie sulle quali avrei dovuto esaminare i maturandi erano Psicologia e Pedagogia, discipline interessantissime, ma che io non avevo mai studiato: lungi dall’essere un decente Professore, sarei stato quindi anche uno studente solo principiante.
Rifiutai con coerenza. Poche ore dopo il Preside dell’Istituto, in persona, mi chiamò : “venga, La prego, senza di Lei non possiamo iniziare gli esami…”. Decisi di accettare.
Furono una ventina di giorni interessanti, che ricordo con piacere, ma non con nostalgia. Perché qui capii che la scuola italiana non aveva futuro e che il nostro Paese aveva abdicato definitivamente a selezionare le elites . E – ca va sans dire – un Paese che non seleziona le elites è destinato a morire.
Gli eccellenti colleghi avevano una sola preoccupazione: chiudere tutto al più presto e senza lasciare pendenze. Senza nemmeno immaginare, cioè, di dovere ritornare a Rovereto nei mesi successivi per strascichi giudiziarie di decisioni….troppo dure: nessuna bocciatura, quindi, due sessanta (uno per sezione), indulgenza totale su errori ed erroracci.
E gli errori non mancarono di certo: nessuna idea di analisi logica, sintassi futuriste, mancanza di qualsiasi tipo di interesse culturale. Eravamo ben al di qua del concetto di maturità: discutevamo di elementari rudimenti culturali, roba da seconda elementare di un tempo…
Dal mio punto di vista, avremmo dovuto bocciare la maggioranza dei candidati. Invece, su preghiera della Presidentessa di commissione, anch’io approvai il 60/60 dato ad uno studente che aveva infarcito il suo tema di Italiano con verbi avere coniugati senza h e chiusi la mia esperienza scolastica con la volontà ferrea di emigrare all’estero il prima possibile.