15. Le vacanze

Finalmente erano arrivate! A ridosso del Natale Tino stava per partire per i suoi 15 giorni di ferie invernali: la voglia di “staccare” (come diceva spesso) era talmente alta che l’emozione, da alcuni giorni, gli riempiva il cuore. “Finalmente” – pensò alle 20 e trenta dell’ultimo giorno di lavoro, uscendo dall’ufficio. Si era trattenuto di più perché doveva chiudere le ultime cose, dare le necessarie istruzioni ai pochi che rimanevano in servizio e soprattutto telefonare a Romani non prima delle 19-20. Gli assicurò la sua totale disponibilità anche durante le vacanze…-  “sai, Pietro, il cellulare sarà sempre acceso”- , gli augurò a sua volta buone vacanze – “che bello! Vai in montagna! Piacerebbe anche a me…ma mia moglie…sai com’è… vuole andare al mare” – e assicurò che al ritorno avrebbe dato risposte concrete sulla maggiore pratica in sospeso, che giaceva sulla sua scrivania da 24 giorni. 

Arrivò a casa sollevato e pronto per la partenza. Aveva prenotato un soggiorno presso un grande villaggio ai Carabi, dove andava spesso perché  – al contrario di quello che aveva detto a Romani – il mare e le immersioni gli piacevano molto. Partì con la moglie il giorno successivo, al mattino presto: autostrada, aeroporto, parcheggio, check in, attesa, volo charter, sbarco, pullman per il gruppo, stanza. Il rito delle vacanze – di cui ormai Lattuci si sentiva maestro –  si ripeteva sempre uguale ed egli non distingueva più, ormai, i luoghi dove si trovava. L’importante era dare avvio al rito, quella era – in fondo –  la vera vacanza.

La sua vita al villaggio era scandita da orari e compiti precisi: alle 9 sveglia, poi colazione, spiaggia, alle 11 immersione di gruppo (Pippo, il maestro, era davvero bravo!), relax , pranzo e relax post pranzo. Nei momenti liberi la moglie (che partecipava a tutte le attività con il marito) leggiucchiava un romanzo, Tino un breviario per manager appena uscito. “Mens sana in corpore sano – pensava – le vacanze devono essere utilizzate per migliorare il corpo, ma guai a dimenticare il lavoro…e quest’anno mi voglio concentrare sulla gestione dei collaboratori…penso di essere già ad un ottimo livello, ma c’è sempre qualcosa da migliorare”.

Il pomeriggio era dedicato alla partita di pallavolo (alle 16), con un gruppo di compagni di gruppo, conosciuti in volo (“Carina la signora Verdi –  pensava Tino – magari…se l’avessi conosciuta prima…”), cui seguiva il relax in spiaggia e l’ultimo bagno serale. Poi iniziava la grande notte, altro punto clou delle vacanze: alle 19 aperitivo al bar con i soliti amici, poi cena, balli e superalcolici notturni, sigari e risate a non finire…E il giorno dopo il rito si ripeteva, sempre uguale e sempre diverso. Ogni tanto, la pallavolo era sostituita dal tennis, la cena era un po’ ritardata. Solo in un’occasione, spinto dagli amici, Lattuci si era avventurato fuori dal villaggio, fino alla vicina città, ma non gli era piaciuto per niente: solo baracche, bambini, povertà. “E che vacanze sono? – si era chiesto – non ci si rilassa per niente, anzi è molto stressante…”. 

I giorni passavano ed il ritorno in Patria si avvicinava velocemente. Era ora di rientrare alla vita normale, agli impegni, ai collaboratori ed ai clienti. Ed al Capo, naturalmente.

L’idea lo elettrizzava e spaventava allo stesso tempo. Ma, via, non si poteva temporeggiare oltre e scaduti i giorni di vacanza previsti Tino Lattuci si presentò puntuale e rigenerato dalle splendide vacanze alla soglia del suo ufficio.

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