7. La riunione

Erano le 10, l’ora in cui era fissata la riunione mensile sull’andamento regionale. Tino amava le riunioni mensili: “qui – pensava spesso – posso vedere in faccia tutti i miei collaboratori e capire, senza mai scoprirmi, gli umori e le idee del gruppo”. In effetti, egli temeva terribilmente la possibilità di esporsi, scontentando qualcuno, creando barriere e divisioni, differenziando. Un suo vecchio capo – che lui considerava un modello – gli aveva fatto capire che – per un manager – dire qualcosa di netto e chiaro era l’anticamera della solitudine; e Tino – che non sopportava nemmeno l’idea di essere un uomo solo al comando – aveva fatto di questo motto uno dei capisaldi della sua azione manageriale.

Tutti erano pronti, ma la riunione non incominciava. Ognuno, nel suo ufficio, attendeva che qualcuno desse un segnale di inizio. Nell’attesa i telefoni continuavano a squillare, Emanuela e Gino chiacchieravano davanti alla fotocopiatrice, Beatrice approfittava per andare in bagno, Tino scriveva un paio di e-mail, per niente urgenti. Alle 10 e un quarto tutti i partecipanti erano seduti nella sala riunioni ma il chiacchiericcio continuava, sfumato per lasciare a qualcuno l’occasione di interromperlo per dare avvio all’incontro. Passarono ancora dieci minuti e Beatrice scosse Tino: “che ne dici, iniziamo?”. “Sì, solo un attimo che prendo l’ultima telefonata” – disse l’ingegnere uscendo dalla stanza. Dopo cinque minuti, Lattuci rientrò e, finalmente, la riunione poté iniziare.

“Innanzitutto voglio fare i complimenti ad Emanuela per l’ultima performance del suo gruppo in materia di costi: è brillantemente riuscita a contenerli del 5% nell’ultimo mese” – disse l’ingegnere deciso. Una sonora risata corale ruppe l’atmosfera un po’ surreale quando Emanuela esclamò: “tutta fortuna! Le materia prime che utilizziamo hanno avuto un calo imprevisto”. Dopo una battuta di Gino, che generò un’altra risata, Lattuci riprese il discorso, facendo le lodi del lavoro di gruppo e ribadendo una serie di concetti secondo lui centrali nell’azione di un manager. Alla sua eloquenza lenta, apparentemente ragionata ma di fatto improvvisata, facevano da contraltare le continue chiose di Emanuela e – talvolta – le aggiunte di Gino. Solo Beatrice taceva glaciale.

​“Il vostro lavoro – iniziò Tino – direi il nostro lavoro, è un lavoro che per riuscire deve essere fatto in modo trasparente. Non devono esistere partite che si giocano tra gruppi di persone…noi siamo un team…Diciamoci tutto sempre, siamo sempre sinceri e trasparenti, altrimenti non riusciremo a raggiungere gli obbietti che quest’anno sono ambiziosi…” – “direi impossibili – lo interruppe Emanuela – salvo interventi divini che non sono previsti!”. “Sì, certo – riprese il Direttore – ma volevo trasmettervi un messaggio di unità e compattezza che non devono mancare mai, altrimenti… – “si va con il sedere per terra” , concluse Emanuela – . “Il nostro è un lavoro duro, spesso stiamo lontani da casa per giorni… ed Emanuela “come quella volta, capo, che mi hai mandato una settimana in Scozia, che freddo ho ancora i brividi e che cibo orrendo pensate un po’ che mi davano il pesce a colazione! – “Certamente, – riprese Lattuci – ma la concorrenza è sempre più forte ed agguerrita: ho saputo che il dr. Rossi, Amministratore delegato della nostra maggiore concorrente, ha firmato un contratto in Giappone per 200 milioni di euro…” si inserì Gino : “il Giappone è un mercato potenzialmente infinito…” “ e ci sono – aggiunse Emanuela – il sushi ed il sashimi che io mangio sempre nel nuovo ristorante in via Beccaria, lo conoscete? E’ stupendo…capo, se firmiamo anche noi un contratto in Giappone, promettimi che mi ci mandi!”. Certo, certo…riprese Lattuci “E mi raccomando i costi: dalla direzione centrale mi fanno pressioni per l’eccessiva spesa telefonica della nostra sede…è vero – meditò a voce alta Gino – su questo fronte si può sempre fare meglio … ma come!? – si inalberò invece Emanuela – se ho anche ridotto da 20 a 15 le telefonate quotidiane al mio ragazzo! Adesso ci sentiamo solo per le urgenze! E’ incredibile, di questo passo dovremo anche rinunciare a chiamare i clienti…e pensare che ieri sono stata 45 minuti al telefono per parlare di riduzione di costi con i miei collaboratori! Dove andremo a finire!?…-

Tino riprese il discorso: “ Ma vorrei sentire da voi, come va nelle vostre Business Unit?”. Il primo a parlare, per dieci minuti, fu Gino: era ottimista anche se l’ultimo contratto, alla prova dei fatti, si era rivelato meno redditizio del previsto; il morale dei collaboratori era buono, anche se avrebbero dovuto intervenire con quell’impiegato, da mesi “fermo”; i clienti erano soddisfatti ma bisognava intensificare l’azione nell’area est. Parlò poi Beatrice: in cinque minuti fece un’analisi a 360 gradi della situazione; premessa, svolgimento, conclusione; premessa, svolgimento, conclusione. Tutti tacquero. Fu poi il turno di Emanuela che parlò per venti minuti, interrotta da almeno dieci risate del gruppo: “sapete come siamo messi…noi produciamo prodotti poveri…anche se io sono ricca di famiglia!… non pubblicizzati da marchi importanti…il business è povero…comunque le cose non vanno male…domani sono in ferie e vado a sciare con il mio ragazzo!…sto facendo…sto parlando…sto studiando…anche ieri ho incontrato la concorrenza…c’era Mario Rossi sapete quel bel tipo alto e moro, che assomiglia a Brad Pitt…!”. “Bene – concluse Lattuci – siamo proprio un bel gruppo”.

Dopo circa un’ora e mezza di questo tipo di “palestra manageriale” (come la chiamava lui) Lattuci ritenne, non senza essere stato interrotto due volte da telefonate “urgenti a cui non posso non rispondere”, che fosse venuto il monumento di presentare i dati di budget dell’anno successivo, la parte centrale della riunione. “Pausa caffè…!?…- irruppe Emanuela; anche Gino diede manforte alla collega chiedendo a gran voce “dieci minuti per una sigaretta”. Lattuci naturalmente non si oppose (anche per lui fumare era una necessità) e tutti lasciarono la sala riunioni, chi diretto fuori per fumare, chi alla macchina del caffè, chi al cellulare. Dopo venti minuti erano tutti al loro posto e Lattuci riprese a parlare.

“Dunque, ragazzi – iniziò l’ingegnere con il tono grave che si dava in occasioni come questa – parliamo di numeri…”non diamo i numeri, capo?” – fu la chiosa di Emanuela, stavolta accolta solo da un tiepido sorriso dei presenti. “Come vedete, il budget per l’anno prossimo – proseguì Lattuci iniziando a proiettare dei grafici e delle tabelle – è stato alzato dalla casa madre del 3%…ciò richiede uno sforzo notevole da parte di tutti….- in quell’istante Donatella bussò alla porta e, senza aspettare un cenno di risposta, entrò nella sala. “Tino – disse la ragazza – non ti ricordi che dovevo parlare un quarto d’ora’ora per illustrare le nuove modalità di assunzione del personale?”. Lattuci si era dimenticato di avere assicurato alla ragazza un intervento sulle questioni tecniche inerenti il personale. “Proprio adesso…? – sbuffò l’ingegnere – possiamo fare dopo pranzo?”- “Io smonto alle 13, Tino…” – “Va bene, fai veloce…”.

Lattuci staccò il proiettore ed uscì, lasciando la parola a Donatella. La discussione su percentuali di sgravio, modalità di comunicazione dati, nuova modulistica introdotta dalla direzione personale durò circa mezz’ora. L’orologio, impietoso, segnava ormai le 13 ed il tempo per riprendere l’argomento budget, per la mattinata, non c’era più. Lattuci guardò titubante i suoi collaboratori, incerto sul da farsi quando Emanuela ruppe gli indugi ed esclamò: “Sapete che se arriviamo al bar dopo le 13 e un quarto non troviamo più le insalate con mais e legumi che mi piacciono tanto… andiamo!”. “A questo punto non rimane altro che rimandare a alle 14 la discussione”, pensò Lattuci. “Ma io, capo, alle 14 e 30 devo andare con Beatrice alla riunione con il cliente, te lo ricordi, vero? – . Gino quasi si inserì nei pensieri di Lattuci. “E va bene – concluse l’ingegnere – vedremo come fare”.

Il rientro in sala riunioni avvenne alle 14 e 20 (il caffè e la sigaretta del dopo pranzo – si sa – portano via sempre più tempo del previsto) e a quel punto, in dieci minuti, Lattuci – riaccendendo il proiettore – espose, commentò, riassunse, motivò i dati di budget e spronò, invitò, spinse i suoi collaboratori all’azione.

Alle 14 e 30 un senso di leggero malessere accompagnava Beatrice fuori dall’ufficio mentre, con Gino, si avviava all’importante incontro con il cliente.

Lattuci staccò il proiettore ed uscì, lasciando la parola a Donatella. La discussione su percentuali di sgravio, modalità di comunicazione dati, nuova modulistica introdotta dalla direzione personale durò circa mezz’ora. L’orologio, impietoso, segnava ormai le 13 ed il tempo per riprendere l’argomento budget, per la mattinata, non c’era più. Lattuci guardò titubante i suoi collaboratori, incerto sul da farsi quando Emanuela ruppe gli indugi ed esclamò: “Sapete che se arriviamo al bar dopo le 13 e un quarto non troviamo più le insalate con mais e legumi che mi piacciono tanto… andiamo!”. “A questo punto non rimane altro che rimandare a alle 14 la discussione”, pensò Lattuci. “Ma io, capo, alle 14 e 30 devo andare con Beatrice alla riunione con il cliente, te lo ricordi, vero? – . Gino quasi si inserì nei pensieri di Lattuci. “E va bene – concluse l’ingegnere – vedremo come fare”. Il rientro in sala riunioni avvenne alle 14 e 20 (il caffè e la sigaretta del dopo pranzo – si sa – portano via sempre più tempo del previsto) e a quel punto, in dieci minuti, Lattuci – riaccendendo il proiettore – espose, commentò, riassunse, motivò i dati di budget e spronò, invitò, spinse i suoi collaboratori all’azione. Alle 14 e 30 un senso di leggero malessere accompagnava Beatrice fuori dall’ufficio mentre, con Gino, si avviava all’importante incontro con il cliente. 13

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