3. I collaboratori

“Buongiorno Tino”. Il primo saluto del mattino, appena varcata la soglia dell’ufficio era sempre quello di Claudia, la più vicina all’ingresso delle tre segretarie. “Ciao, Claudia”, rispose Tito, che andava fiero del rapporto informale instaurato con il personale dell’ufficio ed, in generale, con i collaboratori. Oltre a Claudia, che si occupava di centralino e corrispondenza, le altre ragazze dell’ufficio erano da anni Vincenza, addetta al commerciale e Donatella, che seguiva il personale. Con gesto meccanico e ripetitivo, Tino entrò nel suo ufficio, posò sulla scrivania la borsa di pelle che lo accompagnava sempre ed il borsello, che considerava insostituibile strumento di raccolta degli effetti personali, ed accese il PC. Un fragoroso saluto preannunciò l’arrivo di Gino, uno dei tre Area manager che dipendevano direttamente da Lattuci. “Oggi giornataccia, capo – gli disse Gino sbrigativamente –. Nel pomeriggio ho la riunione con il cliente più difficile di tutta l’azienda e sai che in sospeso ci sono parecchie cose che non abbiamo ancora nemmeno discusso tra noi”. Gino era un tipo venuto su dalla gavetta: di qualche anno più giovane del suo capo, era un professionista solido che – se ben guidato – poteva dare molto. “Ho chiesto anche a Beatrice di venire”. “Hai fatto bene” – disse Tito – ben sapendo che Beatrice, un’altra Area manager collega di Gino, avrebbe potuto dare un contributo fondamentale alla riunione. In effetti, Beatrice era una fuoriclasse: professionalmente molto preparata, di carattere naturalmente assertivo, era un leader nato. Pur non avendo fatto molti corsi di management (cosa di cui Lattuci non si capacitava), aveva nel sangue il significato profondo del suo lavoro: abile con i clienti, decisa e riconosciuta dai collaboratori, sapeva dare sempre la risposta giusta in ogni circostanza. Dopo un altro breve scambio di battute, Gino uscì dall’ufficio del suo capo ed andò a raggiungere la sua scrivania, due porte più avanti. Tra il suo ufficio e quello che aveva appena lasciato c’era la stanza di Emanuela, la terza Area manager. “Buongiorno eh!” – disse la ragazza al suo collega che le passava davanti non notandola nemmeno – con l’aria fatua e superficiale che la contraddistingueva sempre. “Va bene che sono al telefono con la sede per discutere della chiusura di ​fine mese, ma non mi saluti nemmeno?” “Ciao, Emanuela, non passare come tuo solito la mattinata al telefono. Ricordati che alle 10 è fissata la riunione mensile ”. “Lo so, è per questo che sto chiamando, altrimenti che gli dico al capo?”. In effetti, Emanuela, pur parlando tantissimo, non aveva quasi mai niente da dire: debole sia nel rapporto con i clienti (che inondava con fiumi di parole vuote, ma che non riusciva quasi mai a stordire), inesistente con i collaboratori (che subiva, celando questo rapporto inverso con un generico richiamo alla cooperazione, alla leadership proattiva, al gruppo di lavoro), amichevole e scherzosa con il capo. Quasi nessuno, in verità, capiva come mai ricoprisse quel ruolo.

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