2. L’ingegnere

Tino Lattuci aveva un curriculum di tutto rispetto, spendibile bene sul mercato nel quale aveva deciso di lavorare. Da due anni, lo abbiamo visto, dirigeva il comparto regionale di un’azienda multinazionale basata in Italia da più di trent’anni, ma prima aveva già avuto due altri lavori, entrambi lasciati per andare avanti nella carriera. Sua madre aveva insegnato per molti anni nelle scuole medie, sacrificando al lavoro gran parte del talento musicale che – fin da bambina – si era accorta di possedere. Tino era figlio unico ed era cresciuto in un modo assolutamente normale: scuola, sport, amici. Da adolescente, i primi flirt (più sognati che reali), lo studio nel liceo cittadino, la passione per la musica rock, ancora molto forte. Suo padre Michele era morto qualche anno prima ed aveva trasmesso al figlio la voglia di lavorare sodo: aveva, infatti, sviluppato l’azienda ereditata dal nonno, attiva nel campo immobiliare. Ed era qui che Tino, dopo essersi laureato brillantemente (anche se, come la maggior parte dei suoi coetanei, abbondantemente fuori corso), era entrato a 28 anni e ed aveva mosso i primi passi della carriera nel reparto marketing. Dopo qualche anno, venendo a mancare il papà ed essendo cresciuta la consapevolezza dei suoi mezzi, ci fu il passaggio, come capo reparto prodotto, presso un’affermata azienda regionale, la qualifica di Quadro ed un lauto aumento di stipendio. Da tre anni, poi, l’ingresso nella società dove lo stiamo seguendo in una buona posizione. Dopo poco, il passaggio al ruolo che conosciamo, un ulteriore passo avanti nella qualifica e nella retribuzione ed una sicura presa di coscienza del suo profilo professionale: ormai era un manager affermato con un infinito potenziale avvenire. Non ci pensava quasi mai, ma recentemente, dovendo rinnovare la carta d’identità era rimasto sorpreso dall’impiegato comunale che gli chiedeva la professione. “Lei è un manager, no?” gli aveva chiesto l’addetto. Dopo un attimo di perplessità l’ingegner Tino Lattuci non ebbe nessun dubbio nel rispondere affermativamente. “Dopo tutto – pensò rientrando a casa – ho fatto parecchi corsi di leadership, di marketing, di gestione. E gestisco direttamente parecchi collaboratori; senza parlare, poi, della relazione con i clienti”, il settore in cui si sentiva più forte. “Penso proprio che quello del manager sia il mio lavoro ”.

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