La selezione delle elites

Ricorderò sempre l ´´ ansia di un mio collaboratore tedesco, quel giorno di primavera di qualche anno fa: il giorno dopo avrebbe incontrato i professori di suo figlio, decenne, che gli avrebbero detto se consigliavano o meno, al giovane, la frequenza del Gymnasium, il Liceo tedesco. Il consiglio non sarebbe stato vincolante – la famiglia può seguirlo o meno – ma senza un “via libera” dei professori è pressoché impossibile proseguire in quella direzione.

In Germania esiste una selezione forte, che inizia molto presto, tra chi frequenterà il Liceo – per proiettarsi poi verso l’Università, formando de facto la classe dirigente del Paese – e gli altri, che dopo un paio d´’anni, decideranno i vari indirizzi da seguire. Solo alcuni di questi potranno accedere ad alcune Facoltà universitarie, spesso dopo pesanti esami integrativi.

E’ chiaro che questa selezione precoce taglia le gambe a qualche potenziale “cervello” non ancora sviluppato o che – per motivi familiari – non ha l’Università nel suo mirino, diciamo così, “naturale”.

 Ma altre due cose sono, per me, altrettanto chiare.

In primo luogo, il fatto che solo così si formano le èlites e le classi dirigenti: selezionando, premiando e facendo andare avanti i migliori. Altrimenti, si crea una melassa indistinta in cui talenti, ambizioni, capacità si confondono con mediocrità e lassismo.

In secondo luogo, solo così la classe dirigente del Paese può essere riconosciuta come tale. Pensiamo agli stipendi: quante volte leggiamo di giovani Ingegneri italiani che si lamentano di stipendi inadeguati al loro livello di studio e professionalità, soprattutto se paragonati a quelli dei loro colleghi tedeschi? Ma un ingegnere tedesco è stato selezionato prima dell’Università in modo molto selettivo, ha dovuto imparare determinate cose (per esempio a scrivere correttamente nella propria lingua), su cui solo successivamente ha innestato studi universitari superiori. Il collega italiano – magari bravissimo come ingegnere – ha talvolta addirittura problemi di sintassi e di grammatica italiana. Come si  può parlare, nel nostro caso, di creazione di una classe dirigente?

E’ poi vero, naturalmente, che la scuola proietta e struttura, poi la vita – anche in Germania – prende il suo corso seguendo altri, imponderabili strade: un altro collaboratore che non dimenticherò era l’unico a conoscere, in quel gruppo, il latino, di cui ogni tanto mi citava qualche passo. Mi disse che lo aveva imparato al Gymnasium, frequentato ormai parecchi decenni prima e all’Università, dove aveva ottenuto la laurea in Lingua inglese. Si sentiva – ed in qualche modo era – parte di una classe dirigente. Da noi, però, lavorava come montatore.

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