Avevo 16 anni ed ebbi la possibilità di vivere in Germania per qualche settimana, durante le vacanze estive. A Schwabach, in Baviera, vivevo a casa del preside del liceo cittadino, il Gymnasium, e gli chiesi di potere assistere alle lezioni della classe corrispondente a quella del mio liceo italiano, considerato che in Germania, in agosto, le scuole erano aperte.
Per me, abituato all’ordine a alla disciplina di un liceo ancora relativamente sano della ancora relativamente sana provincia italiana, fu uno choc.
Innanzitutto, mi colpì il modo di vestire dei mie coetanei tedeschi: disordinati, trasandati, senza minimamente differenziare il modo di vestire a scuola da quello del tempo libero. Poi, mi lasciò senza parole il comportamento degli alunni: disattenzione, confusione, rumori costanti erano la colonna sonora delle lezioni.
Soprattutto, però, mi colpì in senso fortemente negativo il programma d’insegnamento. La storia veniva insegnata “a temi”, non per svolgimento cronologico. Si studiava, per esempio, la condizione della donna, o la nascita dello Stato costituzionale, seguendone gli sviluppi dalla preistoria ai giorni nostri; esaurito il tema, si ricominciava con un altro soggetto, sempre con lo stesso approccio. Alla fine, nella teste degli allievi c’era una gran confusione di cose, ma ci si poteva benissimo domandare se Napoleone venisse prima o dopo di Cesare…
Anche la sostituzione della filosofia con l’etica mi convinse poco; mi piacque invece molto l’insistenza nell’insegnamento della musica.
In generale, ricordo il senso di “destrutturazione” di tutto l’insegnamento: pezzi di tante cose buttati nella testa degli scolari senza un filo conduttore forte. Tutto slegato, non coordinato.
Alla fine, tornai nella mia scuola con forte orgoglio e con l’idea di frequentare – a livello europeo – una scuola di grande prestigio e valore. Era vero: anche se già rovinato da riforme sempre più scellerate, il Liceo italiano rimaneva una scuola di eccellenza ed io l’avevo capito. Quello che non potevo avere capito era che eravamo sull’orlo della catastrofe e che di lì a poco quello di buono che rimaneva nella scuola italiana sarebbe stato spazzato via dalle follie degli ultimi trent’anni.
Il Gymnasium tedesco, invece, rimase inalterato nel tempo. E’ ancora lì e, oggi, guarda con compassione il suo collega italiano, una volta tanto migliore di lui.