Gli anni passati in Inghilterra – nel Worcestershire, a Droitwich – mi hanno dato la possibilità di immergermi, per un periodo breve ma intenso, nel mondo shakespeariano. Stratford era a pochi chilometri dalla mia residenza e mi ci recavo spesso, frequentando la Royal Shakespeare Company e le sue produzioni.
Vidi, nel giro di pochi mesi, la Tempesta, la Dodicesima notte, Antonio e Cleopatra. Vidi soprattutto, e ne rimasi estasiato, il Giulio Cesare. Fu talmente bello che lo rividi ancora, ancora, ancora, per cinque volte di seguito, tra la primavera e l’estate del 2017.
Già la posizione del teatro – vicino all’acqua – dà emozioni molto forti; poi, l’afflusso delle persone – sempre così numerose – crea una sorta di bellissimo comune sentire.
All’interno ci si siede circolarmente, intorno al palcoscenico: nelle mie cinque rappresentazioni cambiai sempre posto, per rivedere – da prospettive diverse – la stessa scena. Le luci sono perfettamente dosate e permettono un’immersione totale nell’azione.
E poi si incomincia. Il mio, era un Giulio Cesare tradizionalissimo (come deve essere), con i Romani, il sangue, il Senato…e il monologo di Marco Antonio, per me uno dei culmini del teatro di sempre: “Amici, Romani, concittadini…prestatemi orecchio: io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo…” .
In questo momento il mio cuore e la mia anima, insieme, si innalzavano a livelli insperati, un livello di compassione e di partecipazione che mi commuoveva fino alle lacrime: che magia, il grande teatro!