Ero arrivato in Inghilterra da poco e cercavo un autolavaggio per la mia fiammante BMW 530M. Mi indirizzarono verso un posto molto buono dove – mi dissero – con dieci sterline mi avrebbero fatto un servizio veloce e professionale.
Trovai il posto in una zona fuori mano della cittadina del Worcestershire dove mi trovavo. Rimasi allibito nel vedere, in una discarica, una zona adibita a lavaggio: nessuna idea di dispositivi di sicurezza, attrezzature obsolete, cartelli scritti a mano. Ancora più impressione mi fecero i quattro dipendenti – Rumeni – adibiti al servizio: un mix tra Rom in libera uscita, ubriachi usciti dal PUB e senzatetto in liberà.
Esitai, prima di andare avanti con la macchina. Poi mi decisi e concordai, con il più intraprendente dei quattro, un servizio base. “Ci vuole un quarto d’ora” , mi rispose gentile. Scesi dall’auto, gli lasciai la chiavi titubante e mi misi in osservazione, senza perdere mai di vista le operazioni che procedevano speditamente.
Tutto andò liscio, lasciai una lauta mancia e divenni un cliente fisso.
Rientrando in albergo, con l’auto pulita, riflettei a lungo sul fatto che mai – in Italia – un posto simile avrebbe avuto il permesso di lavorare. Ma chi sbagliava, noi che tutto cerchiamo di regolamentare, controllare, prevedere; o loro, che lasciano sempre liberi di fare ed intraprendere?
Non lo sapevo ma, ancora una volta, l’Inghilterra mi aveva stupito.