Adriana Lecouvreur alla Scala

La recente produzione scaligera di Adriana era in prima posizione da mesi, nel mio calendario, per la presenza della Netrebko. E’ stata poi declassata dopo il forfait della diva ed ho avuto seri dubbi se valesse comunque la pena andare, in quest’occasione, a Milano.

Alla fine ho deciso di andarci ed ho fatto bene: innanzitutto, dopo tante oscenità, finalmente la regia di Mac Vicar (già vista a Parigi e Londra con Oren) mi ha riconciliato con il teatro.

Poi, ho riascoltato uno dei tenori – lo si può ben dire – migliori del momento. Yusif Eyvazov (già sentito a Verona in Trovatore e Turandot, a Napoli in Aida e a Milano in Chenier) ha un timbro pessimo, non ammaliante in nessun registro; eppure, il suo canto conquista. Preparatissimo, il tenore fraseggia esemplarmente, domina gli acuti e – generosamente – non si risparmia mai. L’anima ho stanca è stata fraseggiata benissimo; ne il russo Menchinkoff ha tenuto il si bemolle finale come si usava ai vecchi tempi; nel finale ha commosso. Una prestazione esemplare che – da sola – valeva il viaggio.

Alessandro Corbelli – seppure indisposto e chiamato a sostituire l’ancor più indisposto Maestri – è il Michonnet per antonomasia: ogni volta che lo riascolto in questo ruolo rimango colpito dal senso della parola che si fonde in modo assoluto, nel suo fraseggiare, al canto.

Maria Agresta e Judit Kutasi cantano bene, ma non hanno il necessario temperamento per i rispettivi ruoli.

Giampaolo Bisanti dirige.

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